venerdì 2 gennaio 2009


Il 2008 dura un secondo in più, per via di complicati calcoli astronomici. Sembra una sciocchezza. Ma in un secondo si nasce, in un secondo si muore.
Dura un secondo un bacio, uno schiaffo, uno sguardo, una carezza....
Eppure per interminabili minuti, magari per giorni e a volte per tutta una esistenza restiamo a rimurginare su quell' unico decisivo istante, su quello che ci ha tolto o ciò che ci ha donato. Non sprechiamolo, dunque, questo istante in più!!
Auguro a tutti i visitatori del mio blog un 2009 ricco di istanti decisivi e felici, colti fino in fondo.

domenica 28 dicembre 2008

Forse tornare bambini è l'unico modo per gustare la magia del Natale.


Immersa nell'atmosfera natalizia niente mi appare come quando ero bambina....

Il Natale è una festa che si gusta da bambini: a quell'età, in quel giorno, tutto il mondo ci appare mite e carico di segreti lucenti e colorati, e sembra chinarsi verso di noi a considerarci, a sorriderci, a farci doni.

Poi da giovani prevale l'insofferenza, il fastidio per le tradizioni, la voglia di correre altrove...

Da adulti vince la nostalgia del tempo passato e delle persone che non ci sono più.

Dunque bisogna tornare bambini: è l'unico modo per godersi il Natale.

sabato 13 dicembre 2008

Piena fiume Tevere 12/12/08 Isola Tiberina.

Roma sott'acqua: il Tevere fa paura, la pioggia uccide.

Allagamenti nelle strade e abitazioni evacuate, alberi caduti e cedimenti del manto stradale: la capitale è andata in tilt per la pioggia battente. Con la paura che il Tevere, a livelli di guardia di 13 metri, e il suo affluente Aniene, rompessero gli argini. La Protezione civile e i vigili del fuoco hanno dovuto far fronte all'allarme rosso di ponte Sant'Angelo, per i barconi che si sono disancorati andando a ostruire le arcate. Non sono mancate le tragedie: un irlandese di 27 anni, che forse aveva bevuto troppo, è caduto nel Tevere mentre osservava lo "spettacolo" della piena. A Monterotondo, 30 chilometri a nord di Roma, una donna di 54 anni è annegata in un sottopassaggio, sommersa da acqua e fango nella sua auto.

venerdì 12 dicembre 2008

NATI DIGITALI. UNA GENERAZIONE SENZA AVI


Venerdì 28 novembre 2008

Nati digitali
Tendenze di una generazione senza avi

Accademia dei Lincei


I “Nati Digitali”, figli degli anni novanta cresciuti con il Word Wide Web, oggi hanno 16-18 anni e rappresentano una realtà nuova, con la quale si deve fare i conti.
Questo è il messaggio lanciato dal convegno tenutosi il 28 novembre scorso all’Accademia dei Lincei di Roma in memoria di Giovanni Giovannini. Giornalista ed editore che, seguendo la sua curiosità per le trasformazioni del mondo, soprattutto in ambito digitale, ha aggregato le menti più avanzate per diffondere la conoscenza sull’innovazione.
«I ragazzini nati con Internet? Una generazione si può frenare o aiutare, ma la prosperità di un paese dipende da loro». Così ha esordito il prof. Michael Wesh, docente della Kansas University nel suo intervento alla conferenza “Nati Digitali”.
Numerosi i relatori che si sono susseguiti durante l’intensa giornata dedicata alle nuove generazioni dette anche “senza avi”.
Negli ultimi tre mesi su YouTube è stato caricato «più materiale video di quanto sia stato mai diffuso via etere da tutti i maggiori network televisivi insieme». E l`88% di questo materiale è rappresentato da contenuti nuovi e originali, la maggior parte dei quali creati da gente che fino a ieri era considerata l`«audience» dei programmi televisivi.
È la generazione dei «Nati Digitali», una realtà nuova che va capita perché porta con sè straordinarie potenzialità, ma anche grandi rischi, questa la posizione di Derrick de Kerckhove, massmediologo ed erede di Marshall McLuhan.
I Nati Digitali, spiega de Kerkhove, sono sempre connessi ad Internet, con il PC o il telefonino. In Corea il 51% dei bambini tra due e cinque anni usa Internet. È una generazione che si confronta con quella degli Immigrati digitali, coloro, cioè, che sono nati prima di Internet e che faticano a comprendere una realtà che per giovanissimi e adolescenti è invece naturale, scontata. Secondo lo studioso, stiamo arrivando a un immaginario oggettivo: «lo schermo è diventato il punto privilegiato d’ingresso per la mente dei Nati Digitali (gli 'screenagers') che si spostano letteralmente in rete, e c'è un’evidenza neurologica di differenze tra chi usa Internet e chi no. Hanno anche future maggiori potenzialità sul lavoro». «I Nati Digitali – ha spiegato – sono 'multitasking', possono cioè fare più cose contemporaneamente. Sono transculturali, globali e aggreganti virtualmente. Per l’Italia una delle decisioni da prendere urgentemente è quella di occuparsi di loro, capirli, aiutarli, aprire l’accesso a Internet e non chiuderlo».
Gianpiero Lotito, responsabile di Kataweb, afferma che l’avvento dei new media non ha spodestato i tradizionali mezzi di comunicazione, ma ha avviato un processo di integrazione con la dimensione multimediale.
Luca De Biase, responsabile di “Nova24”, insiste invece sulla duplice relazione fra rete e gerarchia nell’ambito tecnologico, rapporto vissuto differentemente dalle generazioni attuali rispetto a quelle precedenti. Fondamentale l’esempio di Facebook in Italia, ultima piattaforma del social networking, che è passata da 500 mila iscritti del luglio 2008, a un milione in agosto fino ad arrivare ai 3 milioni attuali. De Biase, inoltre, sottolinea l’importanza di coltivare un linguaggio colto ma allo stesso tempo comune, che riesca ad incentivare le nuove generazioni.
Paolo Liguori, direttore di TgCom, afferma che: «Il Web 2.0 non ha al centro la comunicazione, ma le relazioni sociali. Il problema non è rappresentato dalla generazione dei nativi di Internet, ma dal fatto che quella precedente deve fungere necessariamente da ponte, in caso contrario lasceremo i giovani senza i contenuti e in mano alla tecnocrazia». Proprio per questo motivo, Paolo Liguori sottolinea l’importanza di una “alfabetizzazione informatica” al più presto concretizzata.
Cesare Protettì, capo redattore centrale dell’agenzia Apcom, è in linea con il pensiero espresso dal collega Paolo Liguori, sottolinea la necessità di insegnare un nuovo linguaggio e di educare al Web 2.0.
Federica Guarany
Maria Laura Barbuto
Caterina Cerino
Benedetta Spazzoli
Alessandra Zompatori

sabato 22 novembre 2008

E' morto Sandro Curzi, il padre del Tg3.

E' morto questa mattina a Roma, all'età di 78 anni, dopo una lunga malattia il politico e giornalista Sandro Curzi. Militante nel Partito Comunista, poi in Rifondazione Comunista con Fausto Bertinotti, Curzi è stato storico direttore del Tg3 dal 1987 al 1993 e del quotidiano "Liberazione". Attualmente ricopriva il ruolo di consigliere d'amministrazione della Rai.
"Con la scomparsa di Sandro Curzi l'Italia perde un maestro del giornalismo, una voce lucida, critica, coerente". ha detto in un comunicato il direttore generale della Rai, Claudio Cappon. "La Rai perde uno dei sui protagonisti, un professionista che ha contribuito a fare la storia dell'Azienda che se è oggi ancora un punto di riferimento per gli italiani lo deve anche a lui".
Ma tracciamo ancor più da vicino il profilo del padre del Tg3.
Nato nel 1930,durante la seconda guerra mondiale, mentre frequentava il liceo nella capitale, Curzi era entrato nei gruppi di resistenza antifascista vicini al partito comunista. Il suo impegno politico si è svolto all'interno dei mass media ,quando era infatti ancora adolescente, sull'Unità «clandestina» per raccontare l'assassinio di uno studente da parte di fascisti. Ma è nel dopoguerra che comincia la sua attività ufficiale di giornalista in diverse testate della sinistra. Tra il '47 e il '48 lavora al settimanale Pattuglia insieme a Giulio Pontecorvo e, nel '49, a la Repubblica d'Italia fino a diventare capo redattore di Gioventù nuova diretta da Enrico Berlinguer. Nel '56 fonda Nuova generazione e nel '59 passa all'Unità e dopo esserne stato direttore, nel 1964 diventa responsabile stampa e propaganda della direzione del Pci. Nel '67 ricopre il ruolo di vicedirettore a Paese Sera.
Dalla metà degli anni '70 arriva l'impegno con la televisione: entra infatti in Rai nel 1975 e l'anno successivo con Biagio Agnes e Alberto La Volpe, dà vita alla terza rete televisiva della Rai, poi nel 1978 è condirettore del Tg3 diretto dallo stesso Agnes. Nel 1987 è Curzi a dirigere il Tg3 e a dare al telegiornale una impronta inconfondibile, veloce e aggressiva che dà voce alle istanze della sinistra italiana interpretando gli umori di una crescente insofferenza verso la cosidetta prima Repubblica. Soprannominato per questo, dagli avversari politici, «Telekabul» (dalla capitale dell'Afghanistan occupata dall'Urss negli anni '70), il Tg3 cresce in spettatori (da poco più di 300 mila ai 3 milioni del '91) e autorevolezza.
Nel '92 pubblica con Corradino Mineo il libro «Giù le mani dalla Tv» (Sperling e Kupfer) e nel '93, in contrasto con il nuovo consiglio d'amministrazione della cosiddetta Rai dei professori (direttore generale Gianni Locatelli e presidente Claudio Demattè), si dimette. Passa prima a dirigere il Tg dell'allora Tele Montecarlo e poi, dal 1998 al 2005, dirige Liberazione (quotidiano di Rifondazione Comunista).
Dal 2005, eletto con i voti di Rifondazione, dei Verdi e della sinistra del Pds, diventa consigliere d'amministrazione della Rai di cui per tre mesi è stato anche presidente in qualità di consigliere anziano, prima di lasciare il posto a Claudio Petruccioli. Comunista e antifascista convinto, politico abile, Curzi si è spesso distinto per posizioni non banali e non sempre in linea con i diktat di partito: basti pensare alle aperture, allora non scontate, del suo Tg3 alle posizioni di Papa Giovanni Paolo II o, più di recente in Rai, all'astensione sulla proposta di licenziamento del direttore di Rai fiction, Agostino Saccà.
E' stato un uomo che ha fatto dell'informazione la sua passione di vita e che, come ha ricordato il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha saputo servire le istituzioni e ricoprire posti di elevata responsabilità, senza perdere la sua spontaneità e profondità intellettuale manifestando sempre una naturale bontà umana. Una persona che, nonostante la sua sana posizione, non si è mai tirato indietro da un civile confronto e dall'onesta testimonianza.
Il giornalismo italiano dice così addio a uno dei personaggi più brillanti della stampa nazionale.